martes, 31 de enero de 2012

Evidencias Historicas de Cthulho (texto no español)

I Signori dei Baratri
«Le “cose” erano venute dallo spazio cosmico alla Terra nascente ed ancora priva di forme vitali, ed era seguito l'arrivo di molte altre entità estranee, di quelle che a volte s'avventurano nel pionierismo spaziale... erano vissute a lungo sotto il livello dei mari, dove avevano costruito fantastiche città e combattuto awersari indescrivibili con l'uso di congegni complicati che utilizzavano princìpi energetici sconosciuti. È chiaro che le loro cognizioni scientifiche e meccaniche erano molto avanzate rispetto a quelle dell'umanità d'oggi... la soprannaturale robustezza organica e la semplicità dei loro bisogni naturali facevano sì che esse potessero vivere ad un livello elevato senza l'ausilio d'oggetti prodotti artificialmente e perfino senza vestiario, salvo qualche occasionale protezione dagli elementi».
Stiamo citando ancora Lovecraft,41 che, nella sua allucinante ricostruzione fantastica, così prosegue:
«Fu dentro il mare che esse crearono le prime forme di vita terrestri, usando sostanze preesistenti ed applicando metodi già da tempo sperimentati, dapprima per procurarsi alimenti, in seguito per altri scopi. Gli esperimenti più elaborati seguirono all'annientamento di diversi nemici cosmici. La stessa cosa essi erano riusciti a fare su altri pianeti, producendo non solo cibo, ma anche masse protoplasmiche capaci di foggiare i propri tessuti sotto influenza ipnotica in modo da costituire membra temporanee, e formando così schiavi ideali per i servizi pesanti della comunità. Queste masse vischiose erano senza dubbio gli Shoggoth di cui Abdul Alhazred osava appena sussurrare nel suo spaventoso Necronomicon, benché anche quel pazzo arabo non avesse mai accennato al fatto che ne fossero esistiti sulla Terra...
«Con l'aiuto degli Shoggoth, le cui facoltà di sviluppo li rendevano atti al sollevamento di pesi prodigiosi, le piccole e basse città sottomarine crebbero fino a formare vasti ed imponenti labirinti di pietra... Si potrebbero scrivere volumi sulla vita degli Esseri Antichi, sia per il periodo in cui vissero sotto i mari, sia per quello in cui una parte di essi si stabilì sulla terra ferma... la loro resistenza aveva dell'incredibile: nemmeno le terrificanti pressioni dei più profondi abissi marini doveva disturbarli...
«Ma un'altra razza, costituita da esseri a forma di piovra e probabilmente corrispondente alla favolosa progenie preumana di Cthulhu, cominciò a filtrare dall'infinità cosmica ed iniziò una guerra mostruosa, che per qualche tempo ricacciò completamente in mare gli Esseri Antichi... e questi ultimi dovettero affrontare in seguito nuove avversità, sotto forma d'una nuova invasione dallo spazio, questa volta effettuata da creature in parte funghi, in parte crostacei, probabilmente le stesse di cui si fa cenno in certe misteriose leggende del Nord, ricordate nella regione delTHimalaya come i Mi-Go...».

Un Reich fatto d'acqua
Creature piovute dalle stelle a celarsi nelle profondità oceanichc del nostro pianeta? Anche a sostegno di quest'arditissima ipotesi potremmo portare numerosi elementi mitologici; sempre che di sostegno si possa parlare, poiché qui più che altrove fantasia e realtà si fondono sino ad apparire inscindibili, ed è senza dubbio la prima a dominare ed a deformare irrimediabilmente la seconda.
Stando ad alcuni «detectives dell'occulto», esisterebbero veri e propri astroporti sottomarini destinati ad accogliere cosmonavi anfibie; c'è persino chi ci offre una dettagliata carta in materia: il signor Rene Fouéré, il quale afferma che le principali basi terrestri dei dischi volanti si trovano fra la Sicilia e Malta, nel Mar Rosso, nel Golfo Persico, al largo delle isole Bermude ed in altri luoghi che non ci sembra il caso d'elencare.
L'idea di mezzi volanti capaci di tuffarsi, navigare in immersione e riguadagnare il cielo, è tutt'altro che assurda, tanto che gli Stati Uniti ebbero già a progettare un aereo del genere, giudicato però, in seguito, assolutamente inutile. Di parere assai diverso sarebbero — è ovvio — esploratori cosmici assuefatti alla vita subacquea del loro pianeta d'origine o intenzionati a procurarsi rifugi inaccessibili sui globi fatti segno alla loro attenzione.
Siamo, s'intende, nel campo della pura, gratuita teoria. Ma, pur non desiderando abbandonarci a fantastiche speculazioni, dobbiamo ammettere che nei nostri mali accade qualcosa che sfugge ad ogni tentativo di indagine. E ti a questi fatti dobbiamo porre in prima linea le comparse di misteriosi «sommergibili» che si veiificano con inquietante frequenza. Le notizie relative ci sfuggono spesso, poiché la stampa non da loro, di solito, un notevole rilievo, ma i servizi di controspionaggio delle grandi potenze posseggono, in materia, voluminosi dossiers, molti dei quali suggellati da un punto interrogativo che non si potrà facilmente cancellare.
Si dice che, dopo la soluzione della crisi cubana, Stati Uniti ed Unione Sovietica fossero giunti ad un accordo segreto contemplante la rinuncia alle «missioni speciali» affidate ai mezzi subacquei sino a quel tempo spediti ad operare nelle acque territoriali dell'uno o dell'altro paese. La notizia sembra plausibile, non solo in considerazione della riconosciuta necessità di porre fine alla «guerra fredda», ma anche perché simili spedizioni lasciano un po' il tempo che trovano, in questa epoca di ricognitori-robot e di satelliti-spie. Ebbene, pochi mesi dopo si sarebbe avuto, fra Mosca e Washington, un animato scambio di note basate appunto su reciproche accuse di violazione del trattato; e la faccenda si sarebbe risolta con la vicendevole autorizzazione a cercar di distruggere senza riguardi i sottomarini di nazionalità sconosciuta localizzati nei pressi delle coste sovietiche o statunitensi.
In altre circostanze un invito del genere era già stato rivolto da Krusciov alle autorità militari argentine, le quali, minacciando di bombardare un misterioso sommergibile che sostava, imperturbabile, nelle acque del Golfo Nuevo (una vera e propria trappola, chiuso com'è dall'estremità meridionale della penisola Valdés e da Punta Ninfas), speravano di costringerlo ad emergere. «Bombardino pure!», disse l'ex premier
sovietico. «Faranno una strage di pesci!». Il mezzo era stato localizzato con precisione il 30 gennaio 1960, il golfo bloccato in modo che nessuna unità, per quanto di modeste dimensioni, sarebbe riuscita ad abbandonarlo. Visti vani gli appelli, gli argentini cominciarono a lanciar bombe di profondità. Niente venne a galla: anzi, corse voce che due altri sottomarini erano andati a raggiungere il primo; qualcuno udì sorde esplosioni sotto le onde, vide guizzare sagome scure (sommozzatori, si pensò) fra le chiglie delle navi da guerra. Poi, improvvisamente, mentre si preparava un secondo, massiccio bombardamento, gli apparecchi sonar rivelarono che nessun oggetto sconosciuto si trovava più sui fondali del Golfo Nuevo.
Il 1960 conobbe un impressionante carosello di «sommergibili non identificati» nelle acque di tutto il mondo. Il 14 febbraio, un mezzo che si spostava con incredibile rapidità fece impazzire gli americani nel Mar dei Caraibi; il giorno dopo, nel Mediterraneo, tonnellate di bombe di profondità esplosero invano attorno ad un sottomarino che pareva seguire il panfilo del presidente egiziano Nasser; il 5 marzo un «oggetto metallico forse articolato» (ma si disse poi che s'era trattato d'un grosso cetaceo) manovrò al largo di Seattle. Verso la metà di maggio si ripete, nei pressi di Sidney, quel che s'era verificato nel Golfo Nuevo: immobile a 150 metri di profondità circa, un misterioso sommergibile si lasciò tranquillamente localizzare per diversi giorni e scomparve poi di colpo. Ed il 25 dello stesso mese numerose unità statunitensi tentarono di identificare e di stanare un ignoto oggetto fermo a grande profondità al largo della Florida; in proposito, subissato di domande, un portavoce della marina ameticana dichiarò che «non si trattava d'un mezzo subacqueo», rispondendo però in modo elusivo a chi chiedeva se si potesse allora parlare d'un animale. Nel porto di New York la petroliera «Àlkaid» entrò in collisione, a luglio, con un «ignoto oggetto semisommerso», riportando uno squarcio spaventoso. Ed in settembre i sommergibili misteriosi si mostrarono presso le coste nordamericane dell'Atlantico e del Pacifico, nelle vicinanze delle Filippine, nell'Artico, mentre in ottobre ed in novembre comparvero al largo delle Hawaii, di Bahia Bianca e della Terra del Fuoco.
Abbiamo citato il 1960 perché fu un anno in cui le segnalazioni si susseguirono a ritmo travolgente, ma non dobbiamo credere che quelle precedenti e successive siano state trascurabili. Attingiamo, ad esempio, alle cronache del 1965 e, pur limitandoci all'Oceania, ci troveremo di fronte ad una serie d'avvenimenti inesplicabili.
Il 12 gennaio — riferisce il periodico neozelandese «Spaceview» — il capitano K., un pilota di linea, effettuò a bordo d'un DC 3 un volo di prova da Whenuapaj, l'aeroporto di Auckland, a Kaitaia. Egli seguì la costa occidentale, tenendosi a bassa quota, e, giunto in piossimità di Porto Kaipara (a nord di Helensville), avvistò qualcosa che gli parve dapprima una balena arenata. Scese ancora, e si rese conto che non si trattava d'un animale, ma, come scrive il foglio, alla lettera, «d'una struttura metallica contraddistinta dai seguenti particolari:
1. Possedeva una linea perfettamente adatta alla navigazione, del tutto simmetrica.
2. Non aveva superfici esterne di controllo né sporgenze di sorta.
3. Appariva senza dubbio metallica, ed in alto, a circa metà della sua lunghezza, alcune linee suggerivano l'idea d'un portello.
4. Era posata sul fondo dell'estuario, e la sua figura faceva supporre che avesse la prua volta a sud.
5. La sagoma non era quella d'un sommergibile normale.
6. Il capitano K. ne valutò la lunghezza in circa 30 metri ed il diametro in 4 metri e mezzo nella parte più larga.
7. L'oggetto era immerso in non più di 9 metri d'acqua ed era quindi visibilissimo».
L'11 aprile 1955 due uomini si trovavano sugli scogli di Wonthaggi, a sudest di Melbourne, per ispezionare il relitto d'un peschereccio, quando videro emergere, a circa 800 metri dalla riva, due strani oggetti metallici. «Li osservammo per un quarto d'ora», afferma uno dei due, il signor R. Banks, «e li scorgemmo allontanarsi l'uno dall'altro, per dirigersi poi verso il mare aperto e scomparire. Ne deducemmo che si trattava di sommergibili, dei quali avevamo visto soltanto le torrette». Gli organi competenti della marina australiana, tempestivamente informati, disposero subito un'inchiesta: ne risultò che nessun sottomarino si trovava in quei paraggi, e che gli oggetti descritti, comunque, non potevano essere né torrette né altre parti di unità subacquee.
Dal 15 al 19 aprile tre curiosissimi mezzi furono avvistati a nordest di Brisbane, ed il 6 luglio un pilota d'aereo, C. Adams, ed un operatore della televisione, L. Hendy, sorvolarono addirittura, nelle vicinanze dell'isola Fraser (a nord della stessa Brisbane) una flottiglia di cinque oggetti fusolari ugualmente sconosciuti agli esperti. Il 13 novembre due pescatori di Bluff (il porto d'Invercargill, nella Nuova Zelanda meridionale) si trovarono dinanzi ad uno spettacolo sbalorditivo: a neppure dieci metri da loro si levavano un cono ed un cubo scuri, che facevano evidentemente parte della struttura superiore d'un mezzo sottomarino di tipo sconosciuto. Le «cose» rimasero visibili per una decina di secondi, quindi scomparvero, sollevando un enorme fiotto d'acqua ribollente.
Il fenomeno ricorda un po' quelli che avvennero il 5 agosto 1958 nell'Adriatico, presso Brioni, ed il 21 aprile 1959 al largo di Cuxhaven, in Germania: grandi colonne d'acqua s'alzarono al cielo, come in seguito ad un bombardamento. I tedeschi, infatti, pensarono ad un'esercitazione navale della NATO, e protestarono vivacemente per non esserne stati informati. La loro supposizione si mostrò però infondata: sia nel caso di Cuxhaven che in quello di Brioni, poi, non venne udita alcuna esplosione. Esaminata e subito scartata la teoria d'un fenomeno naturale, i due episodi restano tuttora avvolti nel mistero.
Di quali enigmatici fatti sono ancora protagonisti gli «avventurieri dei baratri verdi»? C'è chi attribuisce loro, tra il resto, il taglio di cavi telegrafici e telefonici sottomarini stesi fra gli Stati Uniti e l'Inghilterra, avvenuto il 21 febbraio 1959 al largo di Terranova, e chi li vuole addirittura responsabili dell'affondamento del sommergibile atomico «Tresheh», inabissatosi, com'è noto, il 10 aprile 1963 nell'Atlantico. E se domandiamo ai sostenitori di quest'ipotesi a quale scopo potrebbe esser stata compiuta una simile criminosa impresa, essi ci risponderanno rimandandoci alle dichiarazioni di Robert Charroux:
«Fra i progetti dei “Cavalieri di Poseidone” (una società segreta neonazista che aggrupperebbe circa 15 mila uomini) vi sarebbe quello della fondazione d'una vera e propria città sottomarina, praticamente invulnerabile, dalla quale essi potrebbero effettuare incursioni e controllare vaste aree marittime. Se arrivassero un giorno ad affondare un sommergibile atomico russo, americano o francese — cosa non esclusa dal loro programma — disporrebbero per un periodo praticamente illimitato (5000 anni) d'una centrale capace d'alimentare tutta la loro città».
Non potrebbe un'idea del genere esser stata concepita da qualcun altro prima che dai fanatici fautori del «Reich acquatico»? — si chiedono coloro i quali seguono le comparse dei misteriosi ordigni in tutti i mari del globo. E qualcuno si spinge a sognare metropoli subacquee in cui una razza mostruosa si prepara a soggiogare la Terra, dopo aver già catturato chissà quanti esseri umani, sottoposti forse a raccapriccianti esperimenti, forse destinati a servire come schiavi i loro rapitori, a non rivedere mai più la luce del Sole.
«Pensiamo agli insolubili enigmi della “Mary Celeste”, del “Bluebird”, delle decine e decine di navi rinvenute senza equipaggio, in circostanze agghiaccianti», afferma uno scrittore, seguendo le tracce d'un suo collega, A. Iribarren, «e ci convinceremo che queste teorie non sono frutto di pura fantasia».
Incubi galleggianti
Il 4 dicembre 1872, il capitano Moorhouse, del tre alberi inglese «Dei Gratia», fece, a levante delle Azzorre, una strana scoperta: incontrò il «Mary Celeste», un brick americano partito poco prima della sua nave da New York per trasportare a Genova un carico d'olii e di alcool. E lo incontrò senza anima viva a bordo, se si esclude un gatto placidamente addormentato. Il caso scosse come pochi altri l'opinione pubblica, e ciò soprattutto perché nulla, assolutamente nulla lasciava adito ad un'ipotesi credibile sulla fine dell'equipaggio e dell'unica passeggera, la signora Mary Briggs, moglie del capitano. Ella sembrava essersene andata vestita di tutto punto, mentre il marito e molti altri marinai avevano lasciato nei loro alloggiamenti parte degli abiti e le scarpe.
Tutte le ipotesi cadevano appena formulate: un assalto di pirati? Impossibile, perché la «Mary Celeste» non era stata depredata. Un'epidemia che aveva indotto gli uomini, impazziti, a gettarsi in mare? No, perché a bordo tutto era in perfetto ordine, né v'erano segni tali da attestare la presenza di malattie. Un incendio, una tempesta, una strage compiuta da qualcuno caduto improvvisamente in preda alla follia? Tutte queste versioni apparivano assurde, poiché non si scoprì la minima traccia che potesse suffragarle. E allora, com'erano finiti i 14 marinai, il capitano Briggs e sua moglie?
La soluzione del mistero si ebbe trent'anni più tardi, quando un ex mozzo del «Dei Gratia», Wellighan, si decise a rendere una deposizione confermata poi da un certo Pemberton, già cuoco sulla «Mary Celeste», fino a quel tempo creduto morto con i compagni. Si seppe così che la prima vittima era stata la moglie del capitano, schiacciata da un pianoforte contro una paratìa. Il marito, poi, impazzì per il dolore e si gettò in mare. I marinai, restati senza comandante, si ubriacarono, alcuni morirono,
vittime di risse sanguinose, altri disertarono quando la nave toccò Santa Maria, nelle Azzorre.
Restarono a bordo tre uomini che il capitano Moorhouse aveva (ancora a New York) prestato al collega Briggs E costoro furono fatti ufficialmente sparire — con un nome falso ed una piccola somma di denaro — dal comandante del «Dei Gratia», il quale incassò, con tale trucco, la lauta ricompensa dovuta a chi porta aiuto ad un bastimento in pericolo. Un imbroglione, dunque, aveva creato la sinistra leggenda che aveva fatto fremere di raccapriccio per sei lustri anche i più spregiudicati lupi di mare!
Tutti i marinai conoscono la storia dell'«Olandese volante», il capitano Van Straaten, dannato — per la sua vita scellerata — ad errare eternamente sugli oceani senza mai poter toccar terra. Com'è noto, l'impressionante favola venne narrata in musica da Richard Wagner: dove ed in quale occasione sia nata, però, non sappiamo. Abbiamo tuttavia ragione di ritenere che abbia un fondamento reale, perché in ogni epoca s'incontrano sulle onde imbarcazioni abbandonate in circostanze oscure, “navi-fantasma» che non mancano di eccitare la fantasia.
Non meno conosciuta di quella della «Mary Celeste» è la vicenda del panfilo americano «Bluebird», avvistato dalle autorità di Ponta Delgada, pure nelle Azzorre, nel 1884. Gli uomini che salirono a bordo della nave non trovarono (a volta la storia si ripete) che un grosso gatto. La vicenda interessò il mondo intero, e per settimane i giornali lanciarono appelli agli eventuali sopravvissuti, affinchè si presentassero a chiarire il mistero.
Nessuno rispose, e l'episodio sembrava destinato a restar per sempre suggellato dal mistero. Ma nel 1956 — 72 anni dopo! — la morte d'un oste ottantaseienne di Manhattan (New York), un certo Lovat Nicholson, venne a chiarire tutto: per testamento egli aveva disposto la consegna d'una busta chiusa in una cassetta di sicurezza al comandante la polizia della metropoli americana. Ebbene, quella busta conteneva la raccapricciante confessione dell'eccidio commesso a bordo del «Bluebird» dal Nicholson stesso (allora marinaio) e altri membri dell'equipaggio: costoro erano fuggiti dopo aver assassinato e depredato sia il ricco capitano del panfilo che i suoi ospiti. Il delitto non rimase tuttavia impunito: tutti i criminali morirono di morte violenta; il solo Nicholson sopravvisse a lungo, ma condusse, come egli stesso scrisse, un'esistenza miserabile, travagliata da terribili vicissitudini ed oppressa dal rimorso.
Che le «navi-fantasma» possano vagare per decine d'anni sui mari senza essere avvistate, è provato da un altro caso, verificatosi verso la fine del secolo scorso, quando il panfilo francese «Vengeance» s'imbattè in un veliero senza equipaggio. Le condizioni del natante erano tali che lo si doveva ritenere abbandonato da 2530 anni; tanto si poteva rilevare anche dai vestiti trovati a bordo, passati da tempo di moda. I registri della nave erano illeggibili: si suppone trattarsi d'un vascello brasiliano scomparso nel 1860 sulla rotta Rio de Janerio-Città del Capo; nessuno, comunque, saprà mai in proposito qualcosa di più preciso.
Un episodio analogo, ma ancor più misterioso, si verificò nel 1921, quando i marinai del cargo peruviano «Francisco Moreno» salirono a bordo d'una nave abbandonata, incontrata nel Pacifico. Indubbiamente la imbarcazione vagava da anni, eppure nella cambusa ardeva ancora il fuoco dei fornelli, come se l'ultimo marinaio se ne fosse andato soltanto un paio d'ore prima!
Così doveva essere infatti accaduto: i periti che compirono le indagini ne dedussero che doveva essere scoppiata a bordo del vascello una mortale epidemia. Un uomo solo era sopravvissuto, per anni e, non essendo in grado di governare il natante, aveva dovuto rassegnarsi al proprio destino. Nell'imminenza dell'incontro con il «Francisco Moreno», un'ondata lo aveva probabilmente afferrato e scaraventato in mare, oppure egli, impazzito, s'era gettato nei flutti.
Esattamente la stessa sorte, del resto, era toccata al capitano del veliero samoano «Taoofa» nel 1913: per cinque anni aveva vagato con la sua nave, dopo che il colera ne aveva sterminato l'equipaggio. E quando aveva visto venirgli incontro un piroscafo salvatore — il postale tedesco «Friedrich Karl» — s'era gettato in mare, in preda ad una crisi nervosa. Per fortuna era stato salvato da un ufficiale germanico ed aveva potuto narrare così la sua tragica odissea.
Sembra impossibile, eppure anche ai nostri giorni naviga l'«Olandese volante». Eccolo, invisibile, a bordo del peschereccio «Joyita», un vecchio panfilo americano che, partito il 22 ottobre 1955 da Apia (isole Samoa) diretto a nord, venne ritrovato il 10 novembre al largo delle Figi. «Era semisommerso — ci dice la cronaca, — ed a bordo non c'era nessuno. Per tante settimane lo yacht era andato alla deriva, macabro rottame sospinto dalle correnti marine. C'erano ancora viveri nel frigorifero, ma i documenti di bordo erano spariti e gli strumenti di navigazione, smontati con cura, erano stati asportati. Mancavano il canotto a motore, tre zattere di salvataggio ed il carico. Ed i venticinque uomini che erano partiti da Apia? Nessuna traccia».
Molte ipotesi furono formulate anche in questo caso: si parlò di pirateria, d'un dramma dello spionaggio, d'una tromba marina, d'un'eruzione vulcanica, addirittura d'un tentativo di frode effettuato dal capitano (ma si seppe poi che il battello non era nemmeno assicurato). Qual è la versione più vicina alla realtà? A noi sembra di poter dar credito a quanto ci dice un vecchio navigatore samoano: «Questa è soltanto opera dell'Oceano. Un piccolo tifone, che lancia l'acqua alle nubi... intendo quello che i polinesiani chiamano «il vento che uccide». Il Pacifico può essere calmissimo in un punto e mostrare poche miglia più lontano i suoi denti di tigre, affondare i suoi aitigli nei fianchi delle navi. E sapete perché? Sotto, a cinque, sei o settecento metri di profondità, s'è destato un insignificante vulcano. Ad ogni modo, potremo risolvere il mistero del «Joyita» solo quando troveremo un sopravvissuto. È possibilissimo che tanto avvenga: ci vogliono anni ed anni, a volte, prima di scoprire un naufrago salvatosi su un piccolo atollo sconosciuto. Qui l'uomo trova ovunque nutrimento; i cannibali non lo mangeranno, perché non esistono più. Solo gli squali hanno mantenuto le vecchie abitudini... ed a noi non resta che sperare».

La Cosa
Come si vede, dunque, non c'è proprio nulla di misterioso in certe scomparse che, per qualche mese ma anche per parecchi anni, possono venir giudicate inesplicabili.
I misteri vanno cercati altrove: in quelle profondità oceaniche che ci rimangono vietate anche nell'epoca in cui si schiudono dinanzi a noi gli abissi cosmici; in quelle orme, ad esempio, fotografate a 4000 metri sotto la superficie dell'Atlantico. Sir Anthony Laughton, un noto studioso, ha dichiarato in una relazione presentata all'Istituito reale britannico d'oceanografia che i segni «fanno pensare al passaggio d'un bipede».
Un essere capace di procedere eretto sul fondale sottomarino, gravato da una pressione spaventosa? L'idea ci è estranea, certo; ma che cosa non ci è straniero laggiù, tra animali che sembrano piante, piante che sembrano mostri mitologici, pesci che accendono scintille, fari accecanti, fantasmagoriche cascate di luce?
L'immagine del presunto «bipede dei fondali», anzi, ci pare assai più familiare — confessiamolo — dell'incomprensibile «cosa» arenatasi nel marzo 1962 su una spiaggia deserta della Tasmania. Il suo corpo di forma assolutamente insolita, lungo 7 metri e largo 6, ricoperto da una specie di pelliccia lanuginosa, senza occhi né bocca né scheletro, si rivelò durissimo, resistente sia al fuoco che ad una quantità d'agenti chimici. «La sua carne, di color avorio, è come gomma», ci dice il naturalista Bruce Mollison, che ebbe modo d'esaminarla, «ma non è gomma, e neppure carne nel senso classico della parola, né polpa di frutto. È qualcosa che esce da tutti gli schemi».
«Era curioso rilevare dalla rappresentazione delle battaglie — scrive Lovecraft — che sia i Cthulhu, sia i Mi-Go sembravano esser stati formati da materia diversa da quella che noi conosciamo...».

http://4.bp.blogspot.com/_35NQjbH-Rek/Sk4dY364GqI/AAAAAAAAAL4/xfxTSNL8IpI/s400/cthulhu-recreation.jpg

1 comentario:

  1. Con toda intención puse este texto en idioma no español, pues es la evidencia definitiva de que los antiguos existen, de que los parasitos d ela mente existen. mmm tarde mucho escribiendo pero supongo con esas cosas modernas de traductores podran ver la horrible verdad, pese a todo puede un dia ponga la ultima parte en español, no solo por que soy vanidoso, su heroe, su dios, si no por que creo nadie en toda la infinita web sabe dicho relato y pone sandez tras sandez no? Creanme hay cosas y puertas que es mejor no tocar...Pero claro el observador listo vera el valor de este relato y de por que en otro idioma. Al final entendera.

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